Essere psicologa è parte della mia identità. Credo proprio che, se avessi studiato altro, non sarei oggi la persona che sono. E se avessi scelto la Scuola Interpreti, come pure mi era passato per la mente, dopo il liceo? Non l’ho scelta. Ma non erano poi territori così diversi: tradurre vuol dire trasferire significati da un mondo mentale a un altro. C’è un filo che accomuna psicologo e traduttore, il viaggio avventuroso che intraprendono entrambi, lungo il ponte delle parole, fra il proprio mondo e l’altrui.

Verso la libroterapia

Quando ho cominciato a leggere libri ero così piccola da non conoscere l’esistenza di alcune lettere dell’alfabeto, come la ipsilon, e così l’amico fraterno di Sandokan, Yanez de Gomera, diventò Vanez.  Con Il bramino dell’Assam di Salgari, il primo romanzo della mia vita, ho scoperto il piacere di conoscere storie senza dipendere dai racconti dei grandi.

La fascinazione dei libri non mi ha più abbandonato, portandomi a leggere i più amati fino a cinque o sei volte. Attraverso i libri, ho perlustrato centinaia di strade; ho conosciuto, esplorato, sperimentato migliaia di pensieri, sentimenti, possibilità.

Come intendo la libroterapia

Ho scoperto piuttosto tardi la libroterapia, in una vita professionale fatta di counseling e gestione di gruppi, di una lunga esperienza aziendale nel campo delle risorse umane: selezione, comunicazione interna, sviluppo, formazione. Di questo metodo mi parlò per la prima volta una cara amica psicoterapeuta che a sua volta vi si affacciava appena allora. D’altra parte, la libroterapia in Italia ha ancora poca storia. Abbiamo cominciato a occuparcene insieme seguendo la pioniera italiana del metodo, Rachele Bindi.

E, com’è mia abitudine, ho cominciato a studiare tutto quello che trovavo in proposito: il poco pubblicato in italiano; molto in inglese, qualcosa in francese. Scoprendo, com’era da aspettarsi, che dietro il nome di libro o biblioterapia esistono tecniche e prassi differenti, diversi approcci e utilizzi. Comune a tutti, la stessa concezione di base: il libro come stimolo psicologico che può attivare importanti processi cognitivi ed emotivi, facilitando l’individuazione di alternative e l’innesco di cambiamenti.

Perché credo nel valore della libroterapia

Mi piace pensare che la libroterapia possa avere nella vita dell’adulto la funzione del gioco nella vita di ogni giovane mammifero. Come dice l’etologo John Alcock (Etologia, 2007), il gioco ha una funzione vitale di apprendimento. I cuccioli simulano, giocando, “scene della vita quotidiana in un contesto scevro di intenti aggressivi”. Costruiscono così “immagini mentali” sia di quello che potrebbe accadere nella realtà, sia degli “adeguati strumenti” per reagirvi. Le tipiche situazioni simulate sono, nelle parole di Alcock, “attacchi finalizzati alla difesa, al procacciamento di cibo, alla protezione dei propri simili o di se stessi, al confronto amoroso finalizzato all’accoppiamento, alle interazioni sociali e a tutte le attività utili all’auto-conservazione”.

In altre parole, giocando si fanno “prove di vita” senza correre diretti rischi personali.

Esattamente quello che si può fare leggendo un libro.

Contattami

Il mio nome anagrafico è Maria Teresa Multari e sono iscritta all’Ordine degli Psicologi del Lazio con il N. 5347

m.multari@libroterapiaroma.it

Per informazioni o prenotazioni, invia il tuo messaggio. Grazie