La libroterapia adopera il testo come stimolo per riflettere su noi stessi: niente a che vedere con analisi e critica letteraria. Queste riguardano altri ambiti di rapporto con la parola scritta e sono importanti in altri contesti (ad esempio, nei gruppi di lettura) ma inutili o addirittura fuorvianti in quello libroterapeutico.
Cosa vuol dire “fare” libroterapia?
Ad ogni lettore può succedere di entrare in un libro al punto da mettersi nei panni di un personaggio, subirne il fascino o detestarlo. Può capitare che il lettore venga coinvolto emotivamente da azioni e circostanze narrate dal testo. Può viverle come familiari (“Quante volte…”) o “rivelatrici (“Com’è vero…”) o estranee (“Io? Mai!”). Può provare ammirazione, invidia, pietà, noia o fastidio per un’ambientazione, un soggetto, un carattere.
Attraverso la libroterapia, questo tipo di risposte alla lettura perde il suo carattere occasionale e fortuito, per diventare uno strumento consapevole di indagine e lavoro attivo su di sé, cui aggiunge ricchezza – nei percorsi di gruppo – il confronto fra le proprie percezioni e quelle altrui.
È il principio-base delle varie forme di libroterapia che si praticano oggi. Per conoscerle, trovi diversi articoli nel mio blog Parla coi libri.
«La Libroterapia offre un metodo per passare dallo stimolo letterario a una “riflessione empatica” su di sé, sul mondo, sul proprio modo di entrare in relazione con l’altro.»
Contattami
Il mio nome anagrafico è Maria Teresa Multari e sono iscritta all’Ordine degli Psicologi del Lazio con il N. 5347